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La Cisterna nelle Grotte di Catullo, i restauri in corso.

Tra i resti della villa romana, nota come “Grotte di Catullo”, un’antica cisterna conserva affreschi e incisioni originali, ma anche i segni lasciati dai suoi primi visitatori.

Cisterna delle Grotte di Catullo

È ben nota l’importanza che la Domus Aurea di Roma, la villa che Nerone fece costruire tra il Palatino e l’Esquilino e che fu parzialmente rasa al suolo dopo la sua morte, ebbe per il Rinascimento italiano.

Il piano terra del palazzo fu esplorato dalla fine del XV secolo da artisti ed eruditi che si calarono nei grandi vani, parzialmente interrati e quindi simili a grotte, e che a lume di candela studiarono le pitture antiche, gli stucchi dei Romani. Ne trassero un repertorio figurativo che fu noto come “grottesche” e che s’ispirava appunto alla fantasiosa, bizzarra arte antica.

L'uliveto che corre lungo le Grotte

L’uliveto che corre lungo la Grande Cisterna

Lo stesso avvenne sulle sponde del Lago di Garda, a Sirmione. Qui, le rovine della maestosa villa nota come Grotte di Catullo, una villa di epoca imperiale (fine I sec. a.C. – inizi I sec. d.C.), conservano anche vani sotterranei, come la Grande Cisterna, che da luglio 2018 è in fase di restauro. Proprio in occasione dei restauri è stato possibile iniziare un rilievo completo delle iscrizioni tracciate a matita o incise nell’ampio spazio ipogeo, lungo 46 metri, largo 2,40 e alto 3,40.

Scopriamo che questo vano fu ispezionato sin dal Rinascimento e che era probabilmente in larga parte interrato, poiché non troviamo mai scritte nella fascia inferiore delle pareti, mentre le iscrizioni si concentrano sulla volta e sulle sue reni.

La Grande Cisterna servì in antico per la raccolta dell’acqua al servizio di tutta la villa e certamente del grande giardino lungo circa 100 metri e largo 46, che corrisponde all’incirca all’attuale Grande Oliveto.

La Grande Cisterna fu interamente scavata nella roccia e “foderata” da un intonaco a cocciopesto, eccezionalmente ben conservato e necessario per impermeabilizzare la superficie. Su questo intonaco troviamo ancora scritte databili tra il Quattrocento e l’Ottocento, con i nomi dei viaggiatori che si calarono al suo interno, che documentano il continuo interesse per questa imponente struttura.